domenica 24 luglio 2011
domenica 10 aprile 2011
Nuovo socio
Comprensibilmente vuole mantenere l'anonimato per non incorrere nelle maglie sempre più strette di un fisco che obbidisce solamente a Roma Ladrona (oltre che alla magistratura comunista, a Fini e al Grande Puffo), ma la verità, sussurrata a mezza voce nei corridoi degli scantinati del Leone di Trieste, è che la società agricola ha un nuovo socio.
Come Marx ci insegna "quel che è mio è tuo e mio e quel che è mio è mio" e quindi è apparso logico riaffermare lo spirito capitalistico, allargando la compagine societaria. Nuova linfa scorre nelle casse dell'impresa agricola e già i soci assaporano dividendi più consistenti. Ma soprattutto ci sono nuove braccia restituite all'agricoltura, capaci di piantare, vangare, rastrellare, insomma tutto quanto necessario per la buona conduzione del podere.
"E' una gioventù vecchia" hanno commentato acidamente le isolate voci fuori dal coro riferendosi proprio all'allargamento della compagine sociale. Ciò che conta però è solo il successo della stagione di produzione agricola intensiva, la seconda del primo Piano quinquennale, che già si annuncia ricca di soddisfazioni e di fatiche.
Come Marx ci insegna "quel che è mio è tuo e mio e quel che è mio è mio" e quindi è apparso logico riaffermare lo spirito capitalistico, allargando la compagine societaria. Nuova linfa scorre nelle casse dell'impresa agricola e già i soci assaporano dividendi più consistenti. Ma soprattutto ci sono nuove braccia restituite all'agricoltura, capaci di piantare, vangare, rastrellare, insomma tutto quanto necessario per la buona conduzione del podere.
"E' una gioventù vecchia" hanno commentato acidamente le isolate voci fuori dal coro riferendosi proprio all'allargamento della compagine sociale. Ciò che conta però è solo il successo della stagione di produzione agricola intensiva, la seconda del primo Piano quinquennale, che già si annuncia ricca di soddisfazioni e di fatiche.
martedì 8 febbraio 2011
Vita nei boschi
Dopo le meritate (?) vacanze "Vita nei campi" ritorna a voi con un ricco programma di attività propedeutiche alla nuova stagione campestre e con tutti i consigli pratici per la corretta conduzione dell'attività agricola non professionale.
La prima significativa novità è rappresentata dall'inserto staccabile "Vita nei boschi" il periodico supplemento a "Vita nei campi", monograficamente dedicato alla deforestazione non amazzonica.
L'attività boschiva va iniziata nelle prime ore della giornata, possibilmente non dopo una serata di spolvero e dotati di tutta l'attrezzatura tecnica che qui riassiumiamo:
- trattorino multimarcia Forst, dotato di precolica ribaltabile cardanica
- Seghe elettriche di diversa taglia per abbattimento e diramatura; nello specifico una Arnah piccola (newCo nata da uno spin off di Hsquarna) e una Stith grande a catena variabile multipla.
- guanti da lavoro in pelle bovina fioccata
- Ascia grande
- Bottiglie d'acqua (numerose)
- Salame e formaggio di casa (birrette Union)
- Mannaia per diramatura di dettaglio.
Nella fase di trasporto del legname il trattore tecnico risulta fondamentale in quanto allevia lo sforzo fisico necessario nelle altre fasi della lavorazione. Bisogna fare comunque attenzione nelle fasi di carico e scarico in quanto il prodotto potrebbe innavvertitamente colpire un collega di lavoro ferendolo gravemente, oppure cadere sulle estremità inferiori con analogo risultato.
Ecco la fase più delicata ed emozionante: quella dell'abbattimento. E' fondamentale valutare bene prima dove l'arbusto cadrà per evitare brutte sorprese o fratture mandibolari multiple. Altrettanto importante, nel momento topico, è pronunciare la frase del boscaiolo "atenti al pin che cade", non importa se non si tratta di un vero e proprio pino silvestre o marittimo.
Alla fine della giornata quando il sole sorseggia le colline rimane la soddisfazione di aver spostato un bel mucchio di tronchi e rametti senza sapere precisamente a quale fine ma con una serie di dolori articolari e lombari a imperituro monito di una più saggia condotta e di un più parsimonioso utilizzo delle residue capacità fisiche e psichiche.
La prima significativa novità è rappresentata dall'inserto staccabile "Vita nei boschi" il periodico supplemento a "Vita nei campi", monograficamente dedicato alla deforestazione non amazzonica.
L'attività boschiva va iniziata nelle prime ore della giornata, possibilmente non dopo una serata di spolvero e dotati di tutta l'attrezzatura tecnica che qui riassiumiamo:
- trattorino multimarcia Forst, dotato di precolica ribaltabile cardanica
- Seghe elettriche di diversa taglia per abbattimento e diramatura; nello specifico una Arnah piccola (newCo nata da uno spin off di Hsquarna) e una Stith grande a catena variabile multipla.
- guanti da lavoro in pelle bovina fioccata
- Ascia grande
- Bottiglie d'acqua (numerose)
- Salame e formaggio di casa (birrette Union)
- Mannaia per diramatura di dettaglio.
Nella fase di trasporto del legname il trattore tecnico risulta fondamentale in quanto allevia lo sforzo fisico necessario nelle altre fasi della lavorazione. Bisogna fare comunque attenzione nelle fasi di carico e scarico in quanto il prodotto potrebbe innavvertitamente colpire un collega di lavoro ferendolo gravemente, oppure cadere sulle estremità inferiori con analogo risultato.
Ecco la fase più delicata ed emozionante: quella dell'abbattimento. E' fondamentale valutare bene prima dove l'arbusto cadrà per evitare brutte sorprese o fratture mandibolari multiple. Altrettanto importante, nel momento topico, è pronunciare la frase del boscaiolo "atenti al pin che cade", non importa se non si tratta di un vero e proprio pino silvestre o marittimo.
Alla fine della giornata quando il sole sorseggia le colline rimane la soddisfazione di aver spostato un bel mucchio di tronchi e rametti senza sapere precisamente a quale fine ma con una serie di dolori articolari e lombari a imperituro monito di una più saggia condotta e di un più parsimonioso utilizzo delle residue capacità fisiche e psichiche.
domenica 31 ottobre 2010
La vera ricetta delle patate in tecia
Per l'appunto, non necessariamente nei mesi freddi l'attività orticola si arresta. Per esempio è possibile mangiare gli ortaggi prodotti durante l'estate e conservati correttamente.
Il tubero se ne sta in cantina, al riparo dalla luce e dal calore ma a volte esce e viene mangiato dall'agricoltore scaltro. Il buongustaio predilige le patate in tecia, utilizzando la ricetta originale e inconfondibile.
Chi lessa le patate non è uno vero!
Quindi ecco la vera ricetta.
Si prendono delle patate di varie dimensioni e si pelano. Questa fase non è fondamentale, quindi può essere affidata a manodopera non specializzata (mogli,. figli, parenti di secondo grado). Poi però la mano del cuoco è fondamentale. Le patate vanno infatti tagliate prima nel verso lungo in striscioline sottili di circa 0,5 cm (va bene anche di meno ma non di più). Poi vanno nuovamente tagliate sul lato corto, sempre con lo steso criterio di modo che i singoli pezzi siano più o meno omogenei. Una volta riempito, per quattro persone, uno scolapasta di patate tagliate, si può passare ad affettare finemente una cipolla, anche qui a fettine sottili che poi vanno ulteriormente tagliate nel verso opposto per ottenere pezzi piccoli.
In una padella antiaderente - questo è fondamentale e inderogabile - si fa scaldare un dito scarso d'olio d'oliva (se siete massicci l'olio può essere degnamente sostituito con lo strutto). A olio caldo mettere a cuocere la cipolla. Anche questa è una fase importante perchè non bisogna aver fretta di mettere a cuocere anche le patate, lasciando la cipolla imbiondire e ammorbidirsi per bene prima di procedere oltre.
Dopo circa 5 minuti a fuoco medio aggiungere le patate, salare abbondantemente, pepare, mescolare il tutto e incoperchiare, alzando la fiamma.
Dopo una decina di minuti si girano per bene le patate e si rimette il coperchio, operazione che va ripetuta per tre-quattro volte a intervalli più o meno brevi secondo come la fiamma arrostisce il fondo delle patate. Per capire quando le patate in tecia sono pronte basta assaggiare uno dei pezzi più grandi e verificare che non sia ancora duro. Solo a questo punto con il mestolo schiacciare come capita le patate (non tutte) in modo che il composto si amalgami un poco. Spegnere il fuoco e servire, magari con un goulash o con un sugo di arrosto o di faraona.
Tutti coloro che provassero questa ricetta probabilmente andrebbero incontro a un sonoro insuccesso in quanto manca ancora l'ingrediente segreto fondamentale per ottenere delle ottime patate in tecia.
Fin dalla taglio delle patate e della cipolla e per tutta la cottura è necessario infatti accompagnare la produzione con musica adeguata, necessariamente proveniente dai Balcani. Per tutti coloro che avessero un computer o una radio dab nei paraggi io consiglio vivamente Radio Cirilica, sempre senza pubblicità e con i migliori successi della tradizione serba e romané. Altrimenti consiglio un Saban Bajramovic o anche Fejat Sejdic d'annata.
Ecco, adesso veramente il piatto è servito.
Il tubero se ne sta in cantina, al riparo dalla luce e dal calore ma a volte esce e viene mangiato dall'agricoltore scaltro. Il buongustaio predilige le patate in tecia, utilizzando la ricetta originale e inconfondibile.
Chi lessa le patate non è uno vero!
Quindi ecco la vera ricetta.
Si prendono delle patate di varie dimensioni e si pelano. Questa fase non è fondamentale, quindi può essere affidata a manodopera non specializzata (mogli,. figli, parenti di secondo grado). Poi però la mano del cuoco è fondamentale. Le patate vanno infatti tagliate prima nel verso lungo in striscioline sottili di circa 0,5 cm (va bene anche di meno ma non di più). Poi vanno nuovamente tagliate sul lato corto, sempre con lo steso criterio di modo che i singoli pezzi siano più o meno omogenei. Una volta riempito, per quattro persone, uno scolapasta di patate tagliate, si può passare ad affettare finemente una cipolla, anche qui a fettine sottili che poi vanno ulteriormente tagliate nel verso opposto per ottenere pezzi piccoli.
In una padella antiaderente - questo è fondamentale e inderogabile - si fa scaldare un dito scarso d'olio d'oliva (se siete massicci l'olio può essere degnamente sostituito con lo strutto). A olio caldo mettere a cuocere la cipolla. Anche questa è una fase importante perchè non bisogna aver fretta di mettere a cuocere anche le patate, lasciando la cipolla imbiondire e ammorbidirsi per bene prima di procedere oltre.
Dopo circa 5 minuti a fuoco medio aggiungere le patate, salare abbondantemente, pepare, mescolare il tutto e incoperchiare, alzando la fiamma.
Dopo una decina di minuti si girano per bene le patate e si rimette il coperchio, operazione che va ripetuta per tre-quattro volte a intervalli più o meno brevi secondo come la fiamma arrostisce il fondo delle patate. Per capire quando le patate in tecia sono pronte basta assaggiare uno dei pezzi più grandi e verificare che non sia ancora duro. Solo a questo punto con il mestolo schiacciare come capita le patate (non tutte) in modo che il composto si amalgami un poco. Spegnere il fuoco e servire, magari con un goulash o con un sugo di arrosto o di faraona.
Tutti coloro che provassero questa ricetta probabilmente andrebbero incontro a un sonoro insuccesso in quanto manca ancora l'ingrediente segreto fondamentale per ottenere delle ottime patate in tecia.
Fin dalla taglio delle patate e della cipolla e per tutta la cottura è necessario infatti accompagnare la produzione con musica adeguata, necessariamente proveniente dai Balcani. Per tutti coloro che avessero un computer o una radio dab nei paraggi io consiglio vivamente Radio Cirilica, sempre senza pubblicità e con i migliori successi della tradizione serba e romané. Altrimenti consiglio un Saban Bajramovic o anche Fejat Sejdic d'annata.
Ecco, adesso veramente il piatto è servito.
sabato 30 ottobre 2010
Le foglie morte
Qualcuno potrebbe erroneamente pensare che l'arrivo dell'autunno coincida con un abbandono dell'attività orticola; niente di più sbagliato, anche i mesi più freddi possono garantire soddisfazioni all'agricoltore accorto e paziente.
Anche se attraverso una serie di errori dettati dall'inesperienza, negli ultimi due mesi sono stati messi a dimora i semi che daranno i propri frutti proprio durante l'inverno.
Già da raccogliere sono le prime foglioline tenere dello spinacio invernale, così come ancora buoni sono gli ultimi peperoni verdi che hanno attraversato tutta la stagione calda prima di appassire al gelo notturno.
Nelle scorse settimane l'attività agricola si è inoltre concentrata nella sistemazione complessiva del fondo e nell'attività di espianto delle produzioni ormai esaurite. Sradicati per primi i pomodori, hanno seguito la stessa sorte prima le zucchine e quindi le melanzane. Restano invece al loro posto in attesa della prossima primavera le fragoline di campo, tanto esili e incerte dopo il primo trapianto quanto oggi forti e impetuose nell'invadere gli spazi orticoli.
L'attesa è ora concentrata sui radicchi invernali, sui broccoli e sul trittico cavoli bianchi, cappucci, verze, che stanno ergendosi, non senza fatica, dal sottosuolo.
Anche se attraverso una serie di errori dettati dall'inesperienza, negli ultimi due mesi sono stati messi a dimora i semi che daranno i propri frutti proprio durante l'inverno.
Già da raccogliere sono le prime foglioline tenere dello spinacio invernale, così come ancora buoni sono gli ultimi peperoni verdi che hanno attraversato tutta la stagione calda prima di appassire al gelo notturno.
Nelle scorse settimane l'attività agricola si è inoltre concentrata nella sistemazione complessiva del fondo e nell'attività di espianto delle produzioni ormai esaurite. Sradicati per primi i pomodori, hanno seguito la stessa sorte prima le zucchine e quindi le melanzane. Restano invece al loro posto in attesa della prossima primavera le fragoline di campo, tanto esili e incerte dopo il primo trapianto quanto oggi forti e impetuose nell'invadere gli spazi orticoli.
L'attesa è ora concentrata sui radicchi invernali, sui broccoli e sul trittico cavoli bianchi, cappucci, verze, che stanno ergendosi, non senza fatica, dal sottosuolo.
lunedì 9 agosto 2010
Si lavora oggi, non si parla
"Dal monte al piano, dalle regioni impervie alle zone fertili, dovunque è possibile aumentare il rendimento medio per ettaro della patata; se questo è possibile, questo deve essere fatto!"
Sotto il sole giaguaro dell'agosto infuocato l'Azienda di produzione agricola ha sfidato indomita la calura per estirpare la mala pianta e per raccogliere il frutto del duro lavoro invernale di sarchiatura, raspamento e innaffiatura.
Nel sottosuolo oscuro la patata è cresciuta virile e cauta in attesa della mano amica che ne cogliesse il frutto.

Ovviamente nulla può essere dato senza il copioso sudore della fronte ed ecco quindi che la manodopera agricola ha messo in campo i propri migliori mezzadri e servi della gleba. Curvi sulla terra cocente o eretti nel portamento fiero dell'agricoltore felice, i partecipanti alla Festa della patata hanno vangato e forcato la dura terra in profondità, fino alla completa emersione dei frutti tuberosi. Bisogna inoltre evidenziare come il famoso verme della patata abbia agito con discrezione solo su alcuni tuberi, lasciando completamente sana l'intera produzione. L'unico neo di una fulgida giornata sono stati i tre fetidi roditori che fino all'ultimo istante della raccolta hanno tentato di occultare le proprie sembianze fra le piante di patate. Solo all'ultimo istante si sono palesati fuggendo a balzi verso il covone e schivando i fendenti di forcone a loro indirizzati. Conclusa la raccolta nelle ore pomeridiane è iniziata una fase altrettanto importante, quella della classificazione e divisione delle patate. All'interno del Cda dell'impresa agricola la dialettica politica e la discussione si sono fatte accese oltremodo, sull'annoso tema delle patate medie. Alcuni compagni che sbagliano sostenevano infatti che i tuberi medi dovessero essere assimilati ai tuberi piccoli oppure alle patate grandi, negando quindi una piena dignità alle patate medie. Per fortuna il comitato politico centrale ha emanato in tutta fretta una circolare esplicativa nella quale viene chiaramente evidenziata la necessità di dare piena visibilità al tubero medio, le cui caratteristiche agricole e culinarie sono senza dubbio originali.
Un ultimo appunto riguarda la quantità complessiva di tuberi raccolti che a una prima stima empirica si aggira fra gli 80 e 150 chilogrammi. Stanti le condizioni ideali di conservazione in luogo asciutto, fresco e soprattutto al buio completo, si tratta di capire se le esigenze medie annuali siano in linea con il raccolto oppure se divenga necessario, in vista della prossima stagione agricola, un aumento dell'appezzamento specificatamente dedicato ai tuberi. Per i prossimi mesi intanto l'appezzamento tuberistico godrà di un periodo di recupero attraverso la nota pratica del sovescio.
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Sotto il sole giaguaro dell'agosto infuocato l'Azienda di produzione agricola ha sfidato indomita la calura per estirpare la mala pianta e per raccogliere il frutto del duro lavoro invernale di sarchiatura, raspamento e innaffiatura.
Nel sottosuolo oscuro la patata è cresciuta virile e cauta in attesa della mano amica che ne cogliesse il frutto.



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