Comprensibilmente vuole mantenere l'anonimato per non incorrere nelle maglie sempre più strette di un fisco che obbidisce solamente a Roma Ladrona (oltre che alla magistratura comunista, a Fini e al Grande Puffo), ma la verità, sussurrata a mezza voce nei corridoi degli scantinati del Leone di Trieste, è che la società agricola ha un nuovo socio.
Come Marx ci insegna "quel che è mio è tuo e mio e quel che è mio è mio" e quindi è apparso logico riaffermare lo spirito capitalistico, allargando la compagine societaria. Nuova linfa scorre nelle casse dell'impresa agricola e già i soci assaporano dividendi più consistenti. Ma soprattutto ci sono nuove braccia restituite all'agricoltura, capaci di piantare, vangare, rastrellare, insomma tutto quanto necessario per la buona conduzione del podere.
"E' una gioventù vecchia" hanno commentato acidamente le isolate voci fuori dal coro riferendosi proprio all'allargamento della compagine sociale. Ciò che conta però è solo il successo della stagione di produzione agricola intensiva, la seconda del primo Piano quinquennale, che già si annuncia ricca di soddisfazioni e di fatiche.
domenica 10 aprile 2011
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